martedì 6 dicembre 2011

Dicono di Nix (18)

Ecco a voi oggi il parere nixico che ancora non avete sentito: quello di un amico che è un critico della ricezione (!) che ha messo in evidenza i livelli narrativi e metanarrativi del romanzo, con un occhio di riguardo al dialogo tra l'intenzione autoriale e la ricezione. Ecco a voi:

Nix, primo libro pubblicato della talentuosa Elisabetta Ossimoro, ha tutti i pregi e i difetti di un libro scritto alla fine dell'adolescenza, in un momento in cui ancora ci si ricorda di che cosa voglia dire essere adolescenti, e non in cui si cerca di ricostruire a tentoni brandelli di memoria che stanno a metà tra età adulta e passato. la linearità della vita di un anno di scuola ci viene restituita attraverso la linearità di una serie di topoi (sembrerebbe una semplice successione di eventi, ma che cos'è in fondo la scuola se non una linearità di eventi che si susseguono ogni anno uguali?). Centrale la polarità tra il conoscere se stessi e l'essere conosciuti dagli altri. Meraviglioso il momento in cui Giulia sta quasi per vedere davvero, senza idealizzazioni, senza saperlo, Nix (nichilista, ma poi mica tanto). Ed essere visti per quello che si è fa paura. Giulia, stereotipo dei bimbi-minchia a volte colti da attimi di illuminazione, è un notevole esempio di inconsapevolezza terrificante. Come dice Franco Moretti, la stupidità può essere crudele, e, aggiungo io, rivelatrice, senza smettere di essere stupida.
Forse di harrypotteriana memoria è il trio di amici, in versione vagamente più perturbante e perturbata, dato il cenno ad un amore omosessuale non corrisposto, e per questo portatore di sofferenza nell'accettazione della propria sessualità. Ermanno, il più radical-chic intellettuale dei tre, personaggio che ci sarebbe piaciuto indagato di più.
Ma il protagonista è Nix, specchio o ritratto dell'autrice; qui forse Ossimoro compie un passo falso nella caratterizzazione: chi è allora Nix? personaggio autonomo o funzione per far trasparire i gusti letterari, che vanno da McEwan a Maugham, dell'autrice? forse c'è piena sovrapponibilità, ma è un dato da tenere in considerazione.
altro elemento che mi ha fatto riflettere sono i livelli della narrazione: il libro è costellato da una fantastica ironia che compensa la linearità dell'intreccio. Nix ha sempre una buona parola per tutti. L'intertestualità parodica verso molta della letteratura di consumo prodotta nel nostro Paese diviene spunto per alcuni cenni di polemica programmatico-letteraria: "ma perché questo nella realtà non succede?". il dubbio risiede però nella provenienza dell'ironia: quella di Nix è indubbia, ma ci sono punti in cui c'è una voce - che non sappiamo a chi appartenga - che fa ironia anche sull'ironia di Nix. E questa sovrapposizione è indubbiamente molto produttiva per far sì che il lettore continui ad aver voglia di girare la pagina fino ad un finale di cui non parlo, ma posso definire per lo meno ambiguo e imprevedibile.
In conclusione, un bel libro che, pur senza la pretesa di essere un capolavoro, ci mostra degli adolescenti insicuri, sulla soglia di un cambiamento nelle loro vite, ma senza essere mostri o carnefici. Nix mette bene a nudo delle notevoli capacità autoriali. voglio però vedere l'autrice di fronte ad una complicazione della trama, e, soprattutto, davanti ad una reinvenzione più radicale del linguaggio letterario.

(A.V., 24 anni)

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